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Roma, 8 marzo 2011
«Molte delle proposte di Alfano erano le nostre in Bicamerale»
«Non vedo nulla di scandaloso. Giusta la responsabilità dei pm»
Intervista a Marco Boato, relatore della bozza approvata all’epoca del primo governo Prodi,
de Il Riformista di martedì 8 marzo 2011

«In linea di massima, i titoli della riforma della giustizia sin qui annunciati
non hanno alcunché di scandaloso».
Così dice al Riformista Marco Boato, che nel primo governo Prodi
fu relatore in bicamerale dell’unica bozza di riordino
del settore su cui, prima che tutto franasse, erano d’accordo entrambi i poli.

Non fosse per l’ipotesi di rendere autonoma la polizia giudiziaria dai pm, il progetto portato avanti da Angelino Alfano potrebbe essere condivisibile. Tutto, dice Boato, dipende dal testo che sarà approvato dal consiglio dei ministri. «Ma con questo clima politico - aggiunge - sono certo che il provvedimento costituzionale produrrà uno scontro durissimo».

Quanto diverge questa riforma da quella della bicamerale?
È diverso il punto di partenza: noi stavamo riformando l’intera seconda parte della Costituzione. In quel progetto cambiavano le funzioni di Camera e Senato, al quale era assegnata la competenza sugli organi di garanzia. Molti dei temi di questa riforma, però, sembrano ripresi proprio dal lavoro della bicamerale.

Per esempio?
Certamente l’istituzione di una corte cui demandare i provvedimenti disciplinari sui magistrati è stata ripresa dalla nostra bozza dove sì parlava di una Corte di giustizia della magistratura. Oltre al Csm, noi prevedevamo un Consiglio superiore della giustizia amministrativa. E membri di entrambi gli organismi andavano a costituire la Corte competente in materia di azione disciplinare e organo di tutela giurisdizionale di unico grado nei casi di ricorsi contro i provvedimenti amministrativi del Csm. Le nomine e i trasferimenti dei magistrati, per intenderci. Ora bisognerà capire come sarà composta la Corte prevista da questa riforma e su quali materie avrà competenza.

Si parla anche di responsabilità dei magistrati.
Non so come intendano costituzionalizzare questo principio che, a mio avviso, è positivo. Molto dipende dalle conseguenze che avrà sulla legislazione ordinaria.

E la separazione delle carriere?
Anche questo tema era all’esame della bicamerale. E anche allora il centrosinisira aveva molte perplessità. Personalmente sono favorevole alla separazione delle funzioni, purché si confermi l’indipendenza di giudici e pm dal potere esecutivo. D’altra parte, il principio della separazione è sancito dalla riformulazione dell’articolo 111 della Costituzione, secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Ma anche nella Costituzione del ‘48, si distinguevano giudici da pm. Così, nell’articolo 101 si precisa che «i giudici sono soggetti solo alla legge», mentre nel 107 si stabilisce che il pm «gode delle garanzie stabilite dall’ordinamento giudiziario». Laddove, nel 104, si parla invece della magistratura nella sua interezza quando la si definisce «ordine autonomo e indipendente». Nonostante ciò, la stragrande maggioranza dei magistrati resta contraria alla separazione di funzioni e carriere.

Come la mettiamo con il Csm?
Dalla separazione delle carriere deriva l’ipotesi di avere due Csm. In bicamerale avevamo immaginato un unico Csm composto da due sezioni: una per i pm e l’altra peri giudici. Il problema di fondo è la composizione: il Governo ipotizza Csm a maggioranza laica. Sarebbe un errore. Noi avevamo innalzato la percentuale di laici da un terzo a due quinti. Al massimo si può arrivare a un rapporto di parità, ma sarà comunque difficile convincere i magistrati. Non ci riuscì nemmeno la Costituente nel ‘47 e la soluzione ancora vigente la trovò Oscar Luigi Scalfaro. Una maggioranza laica avrebbe davvero un sapore punitivo nei confronti dei togati. E poi l’ipotesi di due Csm apre un problema non da poco: chi li presiederebbe? Immagino che il Presidente della Repubblica continuerebbe a guidare l’organo di autogovemo dei giudici, mentre escluderei che il Guardasigilli possa essere a capo di quello dei pm. Meglio sarebbe il Procuratore generale della Corte di Cassazione. E meglio ancora lasciare al Colle la presidenza di entrambi gli organi. nominando due vice tra i laici.

Restano i dubbi sull’autonomia della polizia giudiziaria.
Sì. In bicamerale nessuno ha mai pensato a una modifica del genere. Io sono contrario. La responsabilità prima e ultima delle indagini deve restare in capo alla magistratura.

Che però da sola non ce la fa a smaltire tutto, tanto che si rimette mano all’obbligatorietà dell’azione penale.
Il problema esiste indubbiamente. Noi lo affrontavamo in modo soft, affermando che il pm doveva avviare le indagini quando aveva notizia di un reato. Ora si cerca di fissare una modalità dell’obbligatorietà stabilita dalla legge. Nulla di grave. Ma visto che il Parlamento raramente si esprime in modo unanime, e anche visto che il presidente del Consiglio è sottoposto ad alcuni procedimenti giudiziari, la materia appare delicata. La verità è che la strada maestra imporrebbe semmai di accelerare i processi.

Ma si farà questa riforma?
I tempi sono lunghi perché tutte le norme annunciate sono di rango costituzionale. Per ora abbiamo i titoli, aspettiamo la formulazione. Basta una virgola, in questa materia, a cambiare tutto. Di certo Alfano ne parla dall’inizio della legislatura, senza riuscirci. Mi chiamò pure, per chiedere del lavoro in bicamerale che, evidentemente, non conosceva. Da allora non l’ho più sentito.

 

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